Ti è mai capitato di svegliarti al mattino con la sensazione di aver fatto un sogno ma di non riuscire a ricordarlo? O al contrario, di restare per tutta la giornata con il ricordo vivido e quasi reale di un sogno e non riuscire a liberartene? Innanzitutto dobbiamo sapere che il sogno è un fenomeno psichico legato alla fase REM del sonno, vale a dire il momento in cui riscontriamo massima attività cerebrale, ed è un evento che sperimentiamo tutti, tanto che ognuno di noi, mediamente, passa sei anni sognando e circa un terzo della propria vita dormendo. Eppure, con la luce del giorno, tutto ciò che accade mentre dormiamo svanisce o ne ricordiamo solo brevi frammenti. Per capirne di più occorre analizzare il funzionamento del nostro cervello, che a volte “registra” i nostri sogni e altre non ne vuole proprio sapere.
Uno studio condotto in collaborazione da un gruppo di ricercatori italiani delle Università “La Sapienza” di Roma, dell’Aquila e Bologna, ha individuato le cause del ricordo del sogno analizzando la frequenza delle oscillazioni elettriche presenti sulla nostra corteccia cerebrale, durante la fase REM del sonno. Affinché la persona possa ricordare ciò che ha sognato, tali oscillazioni devono presentare una bassa frequenza compresa fra i 5 e i 7 Hz; solo in questo modo il cervello è in grado di elaborare tutte le informazioni e si potrà ricordare più intensamente il proprio sogno.
Il prof. Di Giannantonio, psichiatra presso l’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti, ritiene che “non avere memoria del sogno non significa non sognare. Chi non ricorda le immagini oniriche ha semplicemente una vita affettiva interna molto inibita”. Il rapporto che ciascuno di noi ha con il proprio mondo onirico, vale a dire la dimensione surreale in cui le immagini assumono profondi significati simbolici, è del tutto personale. Molto spesso non ricordare un sogno può dipendere semplicemente da una mancata abitudine a rievocarlo. Tuttavia l’ipotesi più convincente deriva dal fatto che i sogni siano spesso condizionati da altri fattori: ad esempio una scarsa attenzione verso sé stessi, un eccessivo controllo sulla propria vita o quella degli altri, periodi di intenso stress o ansia. Anche svolgere un’attività lavorativa che ci obbliga a continui spostamenti, oppure vivere in una casa in cui non siamo a nostro agio.
Risulta facile quindi capire quanto la nostra quotidianità sia in grado di influenzare notevolmente le attività cerebrali attive durante il sonno, a volte capita persino di confondere i nostri sogni con la vita reale.
Ma perché questo accade? Che effetto ha la realtà nei nostri sogni? Il primo a volerne spiegare le cause fu senza dubbio Sigmund Freud nel 1900, nella sua celebre opera L’Interpretazione dei Sogni, descrivendo la psicologia dei processi onirici. Per Freud il sogno consiste nella realizzazione, durante il sonno, di un desiderio rimasto inappagato durante la vita diurna, mentre gli incubi non sono altro che il risultato delle esperienze dolorose che viviamo nella realtà. I nostri desideri, inconsci e non accessibili all'Io, operano all'interno della psiche umana; durante il sonno rafforzano i loro effetti grazie alla minore attività della coscienza, e hanno dunque l'occasione di emergere sotto forma di immagine onirica.
Quando dormiamo, il cervello si attiva quasi nella sua totalità, solo una parte smette di funzionare: il suo centro logico. Per questo molte volte facciamo sogni bizzarri e surreali. L’unica parte che muoviamo mentre sogniamo, vale a dire durante la fase del sonno REM, sono gli occhi che si muovono in modo coerente con la nostra attività nel sogno.
Esistono numerose teorie relative alla creazione dei sogni e tante altre se ne stanno ancora studiando: alcuni psichiatri ritengono che mentre dormiamo si attivino in modo più o meno casuale diversi centri cerebrali inferiori. Al contempo però, i messaggi provenienti dalle cellule di tali centri non avrebbero la possibilità di essere trasmessi al corpo, per questo non vi è movimento durante il nostro sonno. Nonostante ciò, le cellule continuerebbero a comunicare la loro attività al cervello che, per poter interpretare il messaggio, cercherebbe di raccogliere informazioni dai ricordi immagazzinati nella nostra memoria, creando così un sogno.
Tale processo non esclude però l’idea che i sogni abbiano qualche significato: poiché essi sono creati sulla base dei ricordi e delle esperienze passate, possono talvolta riflettere la vita mentale dell’individuo, le sue emozioni e le sue preoccupazioni. In generale la scena si svolge solamente tra chi sogna e altre due o tre persone con cui esiste un legame emotivo (amici, nemici, persone amate, datori di lavoro). Anche le azioni che si compiono nei sogni sono familiari: correre, saltare, andare in bicicletta, sedersi, parlare; l’elemento sessuale è comune a circa la metà dei sogni, mentre sognare di volare e galleggiare è meno frequente.
I sogni sono per lo più tristi o felici? Se al mattino chiedete a qualcuno cosa ha sognato durante la notte è molto probabile che le emozioni spiacevoli prevalgano su quelle piacevoli: i sogni di paura, rabbia o tristezza sono più facili da ricordare. Dopo aver visto particolari immagini oniriche ci si sente scossi e perturbati; il risultato immediato è quello di sfogare al mattino in una situazione di angoscia e frustrazione che potrebbe permanere in noi durante la giornata. Se le persone vengono svegliate durante il sonno REM, invece, riportano un numero comparabile di emozioni positive e negative e ricordano perfettamente ciò che stavano sognando.
In ogni caso, sembra non esservi dubbio che a volte i sogni possano essere d’aiuto nelle nostre vite: lo studioso William Dement sognò una volta di avere il cancro ai polmoni. Nel sogno un medico gli diceva che sarebbe morto al più presto. All’epoca Dement fumava due pacchetti di sigarette al giorno. “Non potrò mai dimenticare la sorpresa, la gioia e il meraviglioso sollievo nello svegliarmi il mattino dopo. Mi sentivo rinato” ricorda Dement, che dopo il sogno smise di fumare.
Insomma, dormire bene è così importante? Un adeguato sonno è indispensabile per il funzionamento delle nostre abilità cognitive come apprendimento, concentrazione e attenzione nonché sulla capacità di partecipare attivamente alla vita sociale. Il riposo, inoltre, influisce sul mantenimento dell’equilibrio psico-emotivo della persona, stabilizzando il tono dell’umore, allentando le tensioni e riducendo i livelli di ansia e stress. Una ricerca dell’Università di Harvard ha dimostrato che un breve pisolino pomeridiano migliora la coordinazione motoria e l’apprendimento del 20%, mentre è dimostrato da una serie vastissima di studi che la deprivazione del sonno diminuisce le prestazioni cerebrali e compromette la memoria. La maggioranza degli adulti dovrebbe dormire dalle 7 alle 8 ore a notte. Dormire troppo (più di 9 ore) o troppo poco (meno di 5 ore), mette a rischio il cuore e l’organismo comportando gravi danni come l’aumento di peso, una compromessa facoltà di giudizio, depressione, scarsa memoria, calo delle energie, sbalzi d’umore e calo delle difese immunitarie. E tu, dormi abbastanza?
Alessia Pischedda